Noi ringraziamo
Difficile
dire quante persone ci fossero. Probabilmente tutta l'Arca, 328
passeggeri riuniti in quello spazio angusto.
Ognuno
era li con aspettative diverse, qualcuno aveva perfino scommesso,
all'oscuro dello sguardo vigile delle autorità.
Anatolij
Vasilev era il più giovane capitano che avesse calcato il ponte di
comando. Ora, come diversi altri capitani prima di lui stava per
assistere alla grande cerimonia del Dono.
Il
primo Dono, ricordava Anatolij nell'anno 2150, a cento anni dalla
partenza dalla vecchia Terra.
Improvvisamente
tutte le luci dell'Arca si erano spente, ad eccezione di quelle
perimetrali interne. Creavano un percorso che conduceva direttamente
nell'osservatorio, una grande stanza sulla punta estrema della nave
interstellare.
Si
chiamava osservatorio per via delle grandi vetrate rinforzate che
permettevano ai passeggeri di rimirare lo spettacolo mozzafiato dello
spazio sconfinato.
In quel
luogo avvenne il primo Dono, e quindi il primo Ringraziamento. I
pochi che si erano accorti delle luci, tra cui rientrava anche il
terzo capitano incaricato di pilotare l'Arca, Urie Richmond, non si
sarebbero certo aspettati una situazione simile.
Il
pilastro centrale dell'osservatorio si era aperto: una nicchia,
apertasi nel pilastro a un metro e mezzo da terra, ospitava ora un
oggetto indefinito.
Richmond
si avvicinò con cautela cercando una spiegazione logica a tutto
quanto. Raccolse il pacco dalla nicchia e subito tutte le luci
dell'Arca si riaccesero.
Ora
vedeva distintamente un pacco regalo accuratamente impacchettato e
infiocchettato con relativo biglietto.
La
calligrafia era svolazzante e tondeggiante.
Un
presente dalla Terra agli avventurosi pionieri dello spazio e ai
futuri abitatori di Canis. Un regalo dai vostri antenati, possiate
averne cura. Che Dio vi benedica.
Richmond in preda alla curiosità aprì il pacco regalo e vi trovò
una scatola di legno. Era liscia al tatto e ben lavorata a vedere
dalle rifiniture.
Conteneva un'infinità di bustine. Erano migliaia.
Richmond ne portò una al volto ed annusò: oppio.
Sentiva la tensione scorrergli lungo tutto il corpo. Sembrava che
migliaia di formiche frettolose e fastidiose scorazzassero inferocite
sulla pelle. Frenò l'impulso di contorcersi e grattarsi, non era un
comportamento che si addiceva al capitano della nave.
Leina, sua moglie uscì dal bagno avvolta in una nuvola di profumo.
<<Sei pronto caro?>> chiese mentre gli sistemava la
giacca bianca da cerimonia.
<<Sento uno strano rimescolamento>> rispose Anatolij,
tenendosi lo stomaco.
Lei gli diede un bacio all'angolo della bocca e lo guardò negli
occhi. <<E' normale, è solo un po' di tensione. Starò al tuo
fianco finchè tutto questo non sarà finito.>>
Il secondo Dono arrivò nel 2200.
Quasi tutti si erano scordati del primo Dono, molti erano morti nel
corso di quei cinquant'anni. Lo stesso capitano Richmond era morto
lasciando il posto ad altri due capitani molto meno abili di lui. Il
capitano che affrontò il secondo giorno del Dono proveniva dalla
vecchia Germania, Otto Khol.
Proprio come cinquant'anni prima le luci si spensero totalmente,
facendo piombare l'Arca intera nel buio.
Panico, urla.
Si accesero nuovamente le luci perimetrali disegnando il percorso già
visto.
La scena si ripetè più o meno simile alla prima volta senonché
c'era molto più gente ad assistere, tanto che dovette intervenire la
sicurezza per lasciar fare al capitano il suo lavoro.
Khol si ritrovò in mano il pacco regalo, impacchettato questa volta
con una carta lucida e riflettente.
Aprì il Dono mentre tutti trattenevano il fiato.
Una grossa scatola di cartone. Al suo interno erano impilati una
serie di libri dalle copertine eloquenti.
Khol raccolse il biglietto sul fondo della scatola.
Piaciuto
l'oppio? A quest'ora però dovrebbe essere già finito.
Nel
caso si presentassero problemi legati al malcontento causato dalla
mancanza dell'oppio, questi faranno al caso vostro.
Buon
viaggio pionieri e che Dio vi benedica.
Il
capitano diede una rapida occhiata ai titoli dei libri: Psicologia
delle masse, Propaganda per gli stupidi e
Manuale per un sano e
salutare controllo mentale.
<<Cosa credi che ci invieranno i nostri antenati?>>
chiese Anatolij
<<Non saprei...qualcosa che ci aiuterà a superare gli
ostacoli, credo. D'altronde hanno sempre indovinato>> rispose
Leina.
<<Mmmmh...>>
<<Il capitano non è convinto?>>
<<Non è quello è che... è vero hanno sempre risolto ogni
problema, ma è anche vero che i problemi li hanno causati loro.>>
Khol e i suoi successori si servirono dei libri ottenendo dei
discreti successi. Solo alla fine di quel ciclo di mezzo secolo,
qualcuno cominciò a farsi strane idee.
I Doni dovevano trovarsi per forza in qualche posto della nave, una
stiva nascosta, un magazzino sigillato, da qualche parte sull'Arca.
Nacque un gruppo nutrito di uomini e donne, proveniente da ogni
settore della nave interstellare che cominciò a setacciare palmo per
palmo l'Arca. Si fecero chiamare i Cercatori del Dono.
Quello che trovarono fu solamente il condizionamento forzato.
Alla vigilia del terzo Dono il capitano Corelli, intuendo una certa
regolarità nell'elargizione del Dono, aveva fatto le cose in grande.
Aveva incaricato alcuni tra i suoi uomini di comporre un inno che
celebrasse il giorno del Dono e indirettamente il capitano.
Per la prima volta nell'anno 2250 venne eseguito il rituale del
Ringraziamento.
Ogni abitante della nave, mano sul cuore, doveva ringraziare il
pianeta d'origine di non averlo abbandonato, ma che anzi, si
premurava di inviargli un regalo ed una benedizione.
Si spensero le luci come di consueto. Questa volta nessuno si
spaventò, sapevano quello che stava per succedere.
La nicchia si aprì come previsto.
Tutti cercarono di avvicinarsi per vedere meglio, ma la sicurezza li
respingeva indietro. Il capitano doveva avere tutto lo spazio per
terminare la cerimonia.
In fondo alla sala un piccolo gruppo dei Cercatori erano pronti ad
intervenire. Avevano ricavato delle armi improprie dai pezzi di
lamiera e dai tubi della nave.
Corelli non aprì il solito pacco regalo ma un borsone di quelli che
si usavano in palestra.
Quando fece scivolare la zip e guardò il contenuto rimase un secondo
esterrefatto.
Armi da fuoco, soprattutto pistole e fucili.
Il biglietto sul fondo, tra le canne di due fucili.
Si
stanno ribellando? Non sopportano di essere comandati a bacchetta?
Beh... ora non ce ne sarà più bisogno, capitano. Queste armi sono
stati costruite in modo da durare almeno due secoli, basterà solo
oliarle un poco e funzioneranno a meraviglia.
Buon
viaggio pionieri e che Dio vi benedica.
<<Prima l'oppio, poi i manuali e le armi...>>
<<Se non avessimo avuto le armi quei pazzi dei cercatori
avrebbero distrutto l'intera nave pur di trovare il magazzino dei
Doni.>>
<<Se non avessimo avuto l'oppio non avremmo avuto tutti questi
problemi>> ribattè Anatolij.
Leina gli diede il braccio. <<Ne avremmo avuto altri, non
trovi?>>
<<Non saprei...>>
<<Ormai è storia passata, adesso ci aspetta solamente il
Dono.>>
<<Come fai ad essere così sicura di te?>>
<<Fino a prova contraria... non hanno mai sbagliato.>>
Anno 2300. Quarto Dono, seconda cerimonia del ringaziamento.
Le armi divennero ben presto la linea di demarcazione tra chi
appartenesse alla sezione militare dell'Arca e chi a quella civile.
I capitani rafforzarono la loro posizione riconducendo ad una
disciplina militare tutti coloro che avevano mostrato malcontento,
primi tra tutti i Cercatori. Fecero tutto senza compromettere il
delicato equilibrio della nave interstellare, mantenendo il numero
degli abitanti a 328.
Il capitano Rollin, diversamente dai suoi predecessori, non aveva
avuto modo di vedere l'antitesi e quindi prevedere la sintesi del
Dono. Tutto sulla nave era tranquillo, ad eccezione forse, di un
piccolo particolare.
Era nata in sordina, ma aveva ottenuto grande successo, soprattutto
tra le classi più basse della nave un movimento religioso di
ispirazione cristiana con forti tratti millenaristici ed
escatologici. Rollin non sapeva bene chi avesse potuto partorire idee
così astruse.
I seguaci di questa nuova religione ritenevano che non ci fosse
alcuna stanza segreta e che il Dono arrivasse direttamente dalla
Terra, il pianeta divino e senziente.
Elessero
un proprio rappresentante che chiamarono molto umilmente Pontefice
dell'ultimo anno,
riferendosi all'ultimo anno di quei cinquant'anni. Pretendevano di
essere loro ad aprire il Dono al posto del Capitano, poichè solo
tramite la loro mediazione l'Arca avrebbe potuto raggiungere la
salvezza alla fine del viaggio.
Ritenevano che il prossimo dono, che si sarebbe rivelato da li a
pochi giorni, sarebbe stato l'ultimo regalo della Terra. .
Rollin aprì il pacco vi trovò un grande quantitativo di caricatori
e proiettili.
Le luci si accesero permettendogli di constatare meglio l'entità del
Dono. Sul fondo c'era il solito biglietto con la grafia arrotondata.
Sorpresi?
Almeno per questo ciclo dovreste essere a posto, le armi sono lo
strumento migliore per convincere una persona riottosa. Finchè
funzioneranno starete al sicuro.
Buon
viaggio pionieri, che Dio vi benedica.
Le luci si erano spente lasciando il corridoio nella semi oscurità
delle luci perimetrali. Lungo le aree della nave echeggiava il
mormorio sommesso del Ringraziamento.
Anatolij e Leina raggiunsero l'Osservatorio scortati dalla sicurezza.
Il pubblico si aprì per lasciarli passare.
Davanti alla nicchia Leina fece un passo indietro.
<<E' il tuo momento, rendimi fiera>> sussurrò al marito.
Anatolij deglutì e prese il Dono con entrambe le mani sudate. Lo
appoggiò al solito tavolo cerimoniale mentre gli rimbombavano nelle
orecchie le formule del Ringraziamento.
Aprì il pacco.
Le luci si accesero.
La setta religiosa era stata eliminata e ricondotta all'ordine dal
successore di Rollin. L'azione di reazione non ebbe tuttavia il
successo sperato e anzichè sparire, la setta si divise in tanti
piccoli culti ognuno con la sua peculiare identità.
I
Redenti del Dono fu il culto che
maggiormente colpì gli abitanti dell'Arca, sia civili che militari.
Con
grandi capacità oratorie di convincimento avevano dimostrato che il
Dono del 2350, in virtù di quanto successo fino a quel momento e
secondo uno studio scientifico dei Doni precedenti, sarebbe stato
l'ultimo.
Silenziosamente erano riusciti a convertire alcuni tra gli ufficiali
dell'Arca procurandosi così le armi da fuoco necessarie.
Erano pronti ad assaltare l'osservatorio nel momento esatto in cui si
sarebbe aperto il Dono.
Il
capitano Anatolij Vasilev aveva sguinzagliato per tutta l'Arca, dal
ponte di comando ai ponti inferiori doveva veniva prodotto il cibo
sintentico, delle spie alla ricerca della più piccola stonatura.
Aveva scoperto i Redenti
ne conosceva i piani ed era pronto ad intervenire.
Aveva astutamente schierato più agenti di sicurezza di quanti ne
erano necessari, ma fedeli agli ordini del capitano.
L'unica cosa che non aveva potuto prevedere era stata la natura del
Dono.
Sollevò alla luce dell'Osservatorio la confezione accartocciata di
una barretta di cioccolata.
I
Redenti agirono in
quel preciso momento. In sei si lanciarono contro gli agenti di
sicurezza e contro il pubblico spettatore. Non si curarono di
prendere la mira coi fucili e le pistole, si limitarono a sparare
all'impazzata, colpendo a destra e a manca.
Il capitano rispose al fuoco, slacciandosi la fondina, seguito a
ruota dalla sicurezza.
La carneficina si scatenò e si esaurì nel giro di qualche minuto.
Chi non era riuscito a scappare giaceva ora a terra nel proprio
sangue.
Leina era stata colpita alla fronte da un unico colpo che le aveva
portato via l'occhio destro, uccidendola sul colpo.
Anatolij era stato colpito al petto. Faceva fatica a respirare e la
vista gli si era appannata. Tentò di rialzarsi ma il pavimento di
metallo era diventato scivoloso a causa del troppo sangue.
Nel suo vano tentativo di trovare un punto d'appoggio sentì sotto le
dita la carta della barretta. La strinse con rabbia e se la portò al
volto.
Prima di perdere la vista e la vita un ultima parola gli affiorò
sulla bocca.
<<Perchè?>>
Epilogo
La base missilistica che ospitava l'arca si estendeva per chilometri
e chilometri sotto il suolo del Nuovo Messico.
Il presidente Richardson camminava sul ponte di metallo, ammirando
quel grandissimo progetto di ingegneria.
Il silenzio quasi sacro di quel luogo venne interrotto da un rumore
di passi affrettati. Era il suo segretario e aveva una faccia
preoccupata.
<<Signor presidente... c'è un problema?>>
<<Di che genere?>> Chiese Richardson senza scomporsi
minimamente.
<<Si sono dimenticati di inserire l'ultimo Dono.>>
Il presidente sbiancò.
<<Che diavolo vuol dire?>>
<<Hanno sbagliato i calcoli, presidente. Hanno previsto il
mutamento dei comportamenti sociali fino al 2300, ma gli ultimi
cinquant'anni sono rimasti scoperti.>>
Richarson si fece pensieroso. <<Quale sarebbe l'ultimo dono?>>
<<Caricatori e munizioni per le armi della sicurezza.>>
<<Per affrontare cosa?>>
Il segretario controllo la cartelletta che teneva in braccio.
<<Autonomie religiose.>>
Di colpo il presidente si illuminò.
<<Seguimi.>>
Raggiunsero in poco tempo la camera di controllo dell'Arca. Quando lo
videro i due ingegneri di turno lo salutarono.
<<Signori ho sentito quello che è successo, ma credo di avere
la soluzione. Potete aprire la camera del Dono?>>
<<Sì signore, ma non c'è più tempo per calcolare il Dono
ideale per...>> Rispose l'ingegnere più anziano.
<<Non importa, aprite e basta.>>
I due armeggiarono con la console dei comandi, Richardson vide nei
monitor l'Arca aprirsi.
<<Continuate il vostro lavoro>> ordinò il presidente.
Richardson e il segretario erano fermi davanti alla stiva del Dono,
una parte dell'Arca accessibile solo dall'esterno. Il segretario
reggeva una scatola e la porse al presidente.
<<Mi hai detto che sono mossi da pulsioni religiose, vero?>>
<<Certo signore.>>
<<Dunque non importerà loro cosa ci sarà nel Dono del 2350,
che sia un'arma o dei semi. Daranno al Dono un loro significato.>>
<<Dice signore...e se si sbagliasse?>>
Il presidente rimase in silenzio, valutando il suggerimento del suo
secondo. <<Ormai è troppo tardi per tornare indietro.>>
Dalla tasca della giacca estrasse la carta di una barretta di
cioccolata, consumata a colazione.
<<E' sicuro signore?>>
Richardson sistemò la carta nella scatola e la adagiò nella stiva.
<<Che gli diano loro il significato che merita.>>
Fece due passi indietro, la stiva si richiuse.
<<Buon viaggio pionieri e che Dio vi benedica.>>